Ieri
(tratto da "E poi il fuoco" di Angelo)

« Il turismo di una certa importanza incominciò alla fine dell’ottocento, i villeggianti erano esclusivamente inglesi, tedeschi, austriaci e qualche raro, ricco o nobile italiano.
Tutti erano dei veri amanti della montagna, quasi tutti rocciatori, molti botanici e geologi.
I nordici arrivavano fino a Bolzano in ferrovia poi, chi se lo poteva permettere, proseguiva in carrozza fino al Karrerpass, ora chiamato Passo di Carezza, lo pronuncio in tedesco perché a quei tempi tutta questa zona faceva parte dell’Impero Austro Ungarico. Da lì la maggior parte proseguiva a piedi per Moena e poi passavano di qui ancora a piedi per il Passo Lusia, il passo Rolle e per finire a San Martino di Castrozza, stazione turistica molto nota a quei tempi.
I canalins, letteralmente agordini e nell’estensione del termine in ladino, italiani gli italiani, come li chiamava mio padre, invece, passavano da sotto, fino a Ora in treno, poi in carrozza fino a Moena e solo più tardi, durante la Prima Guerra Mondiale, fu costruita anche per usi bellici, la ferrovia della Val di Fiemme, ora in disuso, che arrivava fino a Predazzo e che accorciava di molto i tempi.
Il turismo di massa incominciò molto dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Avevamo degli ospiti di passaggio ma anche che soggiornavano per più settimane ed alcuni anche per mesi interi.
Avevamo solo quattro camere, compresa quella dei miei genitori che lasciavano libera per i “Scïores”.
Per nostra fortuna la soffitta era spaziosa ed allora su, tutti in soffitta!
I letti erano messi tutti in fila, quattro o cinque, mentre in una minuscola cameretta, rivestita di vecchie assi d’abete, recuperate nei baraccamenti di guerra di Cima Bocche, dormivano i miei genitori sfrattati dalla loro camera.
Eravamo già in molti ad occupare quei letti nel mese di luglio, non parliamo poi in agosto quando dovevano ospitare anche gli aiutanti che mio padre assumeva per tagliare il fieno.
Penso di non aver mai dormito da solo in un letto ma sempre combattendo con qualche mio fratello o sorella a tirarsi le coperte, sempre troppo corte.
La cucina era sempre l’unico posto caldo mangiavamo sempre lì, a turni, prima noi di casa e poi i “Scïores”, ospiti al rifugio.
Ero ancora piccolo ma avevo già capito che per loro, gli adulti, il bello veniva sempre dopo cena.
Non capivo le loro discussioni anzi, in certi casi mi impaurivano, perché tutti alzavano la voce e non poche volte qualcuno si alzava inferocito battendo i pugni sul tavolo e lasciava la cucina sbattendo la porta.
Si, perché era la cucina il salotto di casa, il “talk - show” come si chiama oggi, si faceva lì.
Gli argomenti erano vari così pure i personaggi.
Mio padre, nostalgico dell’Impero Asburgico, alleato con Herr Hübner di Francoforte, ufficiale in comando del fronte Lusia - Bocche durante la prima guerra mondiale, comandava l’Alpen Korps bavarese, per moltissimi anni puntuale frequentatore del rifugio.
Sull’altro fronte, la Signora Grazi e marito, toscani, concertista di pianoforte lei, medico lui; Nina, amica della signora Maria, facente parte del partito comunista sovietico, sempre in viaggio tra Italia e Mosca e in più la sorella di Boris Pasternak, qualche volta sola e altre con sua nipote o sua figlia.

 

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